appena ritirata    prime impressioni    che geni!    una curiosità     uscita mattutina   4aprile  24 aprile  22/23 maggio  16gennaio: bilancio

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Appena ritirata

18 Dicembre 2003

Allora, per riassumere in poche parole: la Beta è una favola! Maneggevole, bellissimo suono del motore, molto stabile in giuda (sono arrivato a 100 in un soffio senza ballonzolamenti da tassello). Il motore tira bene ed ha un bella progressione. Unico neo: dopo 14 km, dal conce a qui, arrivo a casa e mi accorgo di essere imbrattato d'olio. Porcapuzzonaboiadunmondlader o non perde olio da un manicotto! Chiamo l'officina: "Non si preoccupi, sarà sicuramente una guarnizione da controllare, domattina alle 9.30 siamo da lei e se non riusciamo a sistemarla la portiamo in officina e gliela riportiamo al più tardi sabato mattina". Sapete cosa? M'importa un tubo d'una sciocchezza così, la moto è uno spettacolo e risolta questa piccola bega non mi resta che andare a sporcarla su per le colline (NON VEDO L'ORA!).

Due particolari di rilievo. Quando stavo guardando la motina nuova ancora emozionato, il mecca mi si avvicina e mi da un sacchetto con dentro quattro spessori e quattro viti. "Serve a distanziare, alzandolo, il parafango anteriore quando va a fare fuoristrada d'inverno.". Sbalordito. Ancor di più quando leggo, a notte inoltrata di rientro da una cena di lavoro, il libretto di uso e manutenzione. Praticamente è un manuale, c'è scritto tutto quello che non ho letto sul libretto Honda: da come si cambia il filtro dell'olio a come si smonta il carburatore per pulirlo, con foto, tabelle e schemi tecnici. Inoltre c'è pubblicato il disegno tecnico dell'impianto elettrico e c'è pure una tabella che riporta tutte le operazioni di verifica da effettuare dopo tot ore o tot kilometri. Sbalordito.

Una curiosità: si mette in moto solo con la frizione tirata (anche se si è in folle), altrimenti il motorino non gira.

Allora: stamani ore 9 furgone davanti casa con meccanico. Si genuflette vedendo la moto e l'olio che ha perso. "E' colpa mia, dice, ho stretto troppo un bullone e forse ho incrinato la guarnizione". Carica la moto e se la porta via dicendomi che la porta oggi nel pomeriggio sistemata. Vediamo cosa accade.

 

Prime impressioni

20 Dicembre 2003

Dopo aver girato invano per 4 dico 4 negozi di moto alla ricerca di un paio di stivali seri ("abbiamo numeri fino 44" mi dicono, rispondo "ma che sono tutti piccini quelli che fanno fuoristrada??") arriva la fatidica ora X per andare sul serio a sentire come gira.

Decido di fare un giro tranquillo, lo stesso fatto questa estate con gli amici Netraiders Decibello, Zoran, Bierhoff, Silver ecc. Percorro circa 12 km di strade di campagna e finalmente inizia lo sterrato, una strada bianca, larga che attraversa i boschi...

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Fatti duecento metri vedo un sentiero che s'inerpica su nel bosco, non resisto e mi ci infilo. Il percorso è di quelli tracciati dai boscaioli, il fondo è una piatraia coperta di foglie. Non ci sono divieti. La moto sale senza fatica, è precisa nella guida ed assorbe bene i colpi delle pietre. Trovo un altro sentiero che sale ancor di più. Oso. In prima, in piedi, salgo su. Il motore tira bene ma la frizione è da regolare. Mi fermo per un passaggio difficile e si spenge il motore...

Una situazione da panico per la TA, si risolve come niente. Metto in moto, studio i punti di passaggio fra le rocce e parto. Una libidine!Arrivo in una radura sotto lo sguardo di enormi castagni. Il sole illumina il bosco, l'aria è frizzante ma non ho freddo, sto sudando come un pazzo ma non faccio fatica, la moto è leggera, ben bilanciata, maneggevole. Ogni tanto trovo delle pozze di foglie sulle quali la gomma posteriore slitta ma la moto , con un colpo di reni, torna a posto. Sono estasiato. .

Vado piano, sento forte il rombo del motore (mi fa impazzire!), guardo il sentiero stupito per quello che sto facendo: impensabile con la TA. Arrivo sulla cima del monte, sono al settimo cielo. Provo a chiamare Macello per condividere con un amico l'emozione, ma ha il cellulare spento. Vorrei chiamare Balde ma ho paura di disturbarlo, così chiamo Niki (scusa Blade, dovevo farlo morire d'invidia) per farlo un po' soffrire. Passo oltre ma dopo cinquecento metri la strada finisce di colpo diventando un sentiero troppo stretto per passarci (forse con le gomme da trial...). Regolo la frizione, giro la moto di 180° e torno indietro. .

Sono preoccupato per il fondo di pietre, temo il bloccaggio del posteriore. Invece il freno (anche lui da regolare, ma non adesso) si comporta bene e mi diverto pure nella discesa col "pot pot pot, stunf" del motore. Rientro sul primo sentiero e salgo di nuovo su per un'altra stradina, un po' più terrosa. In curva piede a terra e gas dolce. Il motore tira bene e fra un po' sarà divertente sgommare e derapare, ora e meglio non strafare. .

Trovo dei dossi spartiacqua belli sodi ed inizio a saltare. La moto tende ad andare dritta o ad alzare il retrotreno, stando incollata sull'avantreno. Per saltare di gusto va tirata su di peso, ma anche in questo caso ritengo sia una questione di abitudine ed esperienza. Dobbiamo imparare a conoscersi. .

Arrivo sulla cima di un secondo colle, gli alberi radi permettono la vista di Pistoia, appannata dalla foschia illuminata da un sole radente. E' ora di tornare. A scendere, sulla strada bianca primaria, ho provato un po' ad aprire. Liscia come l'olio, ben guidabile anche in piedi, comoda da seduti nei passaggi difficili, grosse rocce, canaloni,ecc, dove occorre ogni tanto aiutarsi con le gambe. .

Sull'asfalto ricorda la Lilliput (Honda Vigor 650) di Luvi, si guida con le ginocchia e non fa avvertire le vibrazioni dei grossi tasselli del ruotone posteriore. Ascolto di continuo il suono del motore, è bellissimo, mi fa impazzire. Mi districo nel traffico mentre mi accorgo che spesso la gente si gira a guardare la moto; non passa inosservata col suo look anticonformista. Rientro dopo aver percorso una cinquantina di chilometri...

Che geni !

24 Gennaio 2004

I miei complimenti alla legge che obbliga le moto ad accendere i fari anche a motore spento. I miei complimenti ai progettisti che non hanno pensato di spendere 2 euro per mettere un relè che stacchi i fari quando gira il motorino di avviamento. Ore 12.15, tiro fuori la Beta per andare a mettere benza in previsione di un po' di sterrati nel pomeriggio. La moto è ferma da 10 gg. Tirate da soli la conclusione o devo aiutarvi? Batteria scarica al 3° tentativo. Ho persino provato a spinta, coadiuvato da due ragazzi, niente: pot pot e s'inchioda la gomma. Dovrò farle mettere un relè oppure un interruttore che stacchi i fari.

Dopo averla messa in moto coi cavi sono andato fuori Pistoia, in località San Quirico. Da lì sono salito fino in cimo al colle ed alla scuola elementare ho girato a destra, come mi sembrava di aver capito ed anche perchè di lì partiva un bello sterrato. Non vedere le impronte dei tasselli mi ha un po' preoccupato.

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Fatti tre km vedo dei boscaioli in mezzo alla strada, rallento, mi fermo e chiedo dove sbuca la strada. Contrariamente a quanto pensassi mi rispondono molto gentilmente, mi danno indicazioni remurose e mi consigliano di proseguire fino al paese di Santomoro. Lo faccio e mi trovo sull'asfalto. Cippa, penso che sono vicino ai posti dove vado d solito, circa 5 km, e mi accingo ad andarci. Ad un tratto vedo una ripida salita sterrata che s'inerpica su per un vigneto.

Mi ci tuffo. Il sentiero è fatto di fango gelato in superficie, papposo sotto, La moto sculetta in salita, io sono in piedi e cerco di controllarla. Comincio a conoscerla ed a divertirmi. La strada ora entra nel bosco, con grandi pozzanghere piene di ghiaccio e fango che attraverso con libidine.

Arrivo ad un incrocio e trovo impronte tassellate: le seguo. Percorro una decina di km quando incrocio uno un moto, tutto bardato che mi guarda come fossi un marziano ed alza il braccio. Dietro di lui un ragazzino di 10/12 anni su una piccola moto da cross e quattro adulti che lo seguono. Tutti mi salutano.

Vado avanti per altri due o tre chilometri passando bivi ed incroci cercando sempre la scelta più semplice da ricordare per il ritorno: tutto dritto! Arrivo in un tratto dove il sentiero si stringe e diviene pieno di rovi e liane di pervinca, giro la moto e tono indietro incrociando sue signori a piedi (non sembravano forestali anche se vestiti di verde) che saluto venendo contraccambiato.

Ve la faccio breve, mi sono sbizzarito per strade e stradine pettate e pietraie, pozzanghere e ghiaccio, con alcuni passaggi davvero impegnativi su per alcune pietraie. Altri libidinosi, come un largo sentiero di terra battuta, tutta segnata dai pneumatici artigliati, che scendeva dritto per duecento metri con quattro terrapieni di scorrimento acqua.

Sono andato fino in fondo e poi sono salito su provando ad aprire. Ho goduto e sono persino riuscito a fare tre salti di circa un metro con la moto che stava bella dritta, parallela al terreno.

Ho rischiato tre volte di cadere, una più delle altre con la ruota anteriore che mi è partita sul ghiaccio e fango: mi sono visto in terra. Ho dato una zampata al terreno e l'ho tirata su, restando stupito per primo per non essere slappato nella poltiglia.

Dopo quasi due ore di gimcane fangose sono rientrato passando per Santomoro. Ho lavato la moto coperta di fango, aiutato da Antonio e poi mi son fatto un bel bagno caldo (Anche se so benissimo che non ve ne frega niente :-)).

Un solo commento: spettacolare!

Una curiosità

8 Febbraio

Questa mattina decido che è tempo di mettere in moto le tre bambine chiuse da tempo in garage. Trascorsi circa venti giorni dall'ultima accensione le porto fuori tutte e tre. Decido di andare sul sicuro partendo dalla mia Gipsy, accendo il quadro, tiro l'aria a metà, premo lo start e.. Brum alla prima! Sono commosso. In questi giorni in cui la nostra amata viene offesa in continuazione (TG2 Motori ha provato la V-Strom con commenti eccessivi, per lei e nei confronti della TA che a mio modesto parere sarà vecchia ma è molto più bella) è stata una forte emozione, un piacevole senso di fedeltà. Prima il piacere poi il dolore, mi accingo affranto a tentare di far partire la Beta, mi ci siedo su e accendo il quadro. Tiro l'aria e premo il pulsante dell'acenzione due, dico due, pot pot e poi parte! Lilliput si rivelata la più diffiicile, non ama stare ferma, Al terzo tentativo però, agendo sull'aria facendola passare da chiusa ad aperta, parte, incerta per poi entrare a regime e non dare più problemi. Su tutte e tre faccio un qualche giro sul piazzale davanti casa per sgranchirgli le gomme, parcheggiandole poi una accanto all'altra e lasciandole in moto. "Sembra un miniraduno" dice Luvi di passaggio, mentre la mente vola alla stagione dell'asfalto che lentamente ma instancabilmente si avvicina. Non vedo l'ora.

Uscita mattutina

15 Febbraio 2004

Stamani alle 10.30 ho tirato fuori la Bum Brum dal Garage. Si è accesa alla prima al punto da farmi capire che la volta scorsa, quando scaricai la batteria, era tutta colpa del fatto che avevo chiuso la benzina. Sono uscito con lei ed ho percorso circa cinque km prima di iniziare a salire su per il bosco. La giornata è tiepida, il cielo velato con un sole pallido che ogni tanto si affaccia dalle nuvole.

Inizio a salire, il fondo è umido ma poco fangoso, le gomme attaccano bene e la moto inizia sciogliersi col motore che prende e tira come un dannato. Quattro, forse cinque salti gustosi su per una larga strada priva di canoloni, morbida come un cuscino. Devo fermarmi, maledizione, ho la mano destra completamente addormentata. Grrrr! Aspetto un minuto, stringo ed allento il pugno finchè non torna la sensibilità, poi riparto. Per fortuna è passato subito.

Arrivo ad un quadrivio, dopo aver incrociato quattro boscaioli intenti a caricare un carrello, ci scambiamo un saluto. Trovo impronte fresche di penumatici e qualche cartello del motoclub Valdibure, seguo le tracce. La strada si restringe, appaiono pietre dalla coltre di foglie, ogni tanto un brutto canalone scavato dalle piogge mi fa sudare sette camicie. Salgo, cercando di scanzare le pietre più grandi. Il motore canta e la Beta sale che è un piacere con la gomma che ogni tanto slitta sulle pietre umide scodando a destra e sinistra.

Trovo una radura con un ennesimo incrocio, un sentiero discente vorticosamente in basso, ci penso un attimo poi mi butto, in piedi, sedere indietro, piede sul freno, prima e fil di gas. Percorro trenta metri, scanzando cespugli di ginestra che ostacolano la vista.

E' una grande moto in discesa, il freno si modula benissimo e diventa divertente fare dei passaggi così difficili ma, un grande albero abbattuto taglia la strada, forse ci passo sotto, no! Un altro, poco dietro, sbarra il sentiero. Scarto a destra e mi fermo in una posizione da kamasutra. Scendo, afferro il sedere della moto e con un colpo la raddrizzo, inventendo la direzione e saltandoci sopra al volo. Parto da una posizione impossibile, la moto sgomma, terra e sassi volano dappertutto. Aiutandomi con i piedi riesco a risalire fino in cima. Con la TA ci sarebbe voluto l'elisoccorso.

Prendo l'altro sentiero, pianeggiante, affogato nelle ginestre, dietro una curva cinque moto, con realtivi cavalieri, sono ferme in uno slargo. A bocca aperta mi guardano passare in mezzo a loro (pot pot pot), scambiandoci un magro saluto. Salgo ancora ed inizio a trovare chiazze di neve sotto ai faggi. Ogni tanto guado profonde pozzanghere fangose divertendomi come un bambino. Trovo una casa diroccata in mezzo al bosco e due ragazzi in mountain bike che mi salutano, c'è il mondo oggi!

Continuo a girare trovando alcune indicazioni e percorrendo un tratto pianeggiante sotto un'abetaia e sotto un faggeto, il terreno e soffice ed invoglia a tirare la terza, con la marmitta che fa un po' rumore ma da' tanto gusto.

Il sole crea giochi di luci ed ombre, il terreno battuto da altre moto è ben visibile perchè privo di foglie (questo si può fare con la TA), la temperatura è perfetta, sudo e non ho freddo, ma se mi fermo sento che non è caldo. Saranno una decina di gradi, nessuna traccia di ghiaccio.

Percorro in tutto 30 km di sterrati, vedo almeno quattro case in pietra diroccate, una più bella dell'altra.

Mi sono completamente perso, non importa, è ora di rientrare, basta iniziare a scendere. Trovo una larga strada che scende attraverso una gola fra due colline, c'incrociamo con una moto verde (Kavasaky?) salutandoci. Mi rendo conto che tutte le moto incontrate erano piuttosto vissute ed anche un po' datate, nessun KTM, nessuna Suzuki o Vor, ma le facce dei ragazzi che ci stavano sopra erano inconfondibilmente felici.

Arrivo ad un Agriturismo, inizia l'asfalto, non ho la più pallida idea di dove mi trovo. Discendo la collina sommersa di olivi e belle case in pietra finchè non trovo una schiera di villette. Attraverso tre incroci e mi trovo nella piazza principale di Montale, paese ad 8 km da Pistoia. Ho cavalcato tre colli e devo essere arrivato anche abbastanza in alto perchè discendendo mi si sono tappate le orecchie. A mezzogiorno e mezzo, con la Beta che va come un missile, arrivo a casa, sudato fradicio, infangato, mezzo rotto ma superfelice.

Domani chiamo l'officina e faccio venire a prendere la Brum Brum per il suo primo tagliando e la sua prima messa a punto. Ho intenzione di montare i paramani, regolare gli ammortizzatori e sto pure pensando di montare gli spessori al manubrio per sollevarlo un po'.

 

Dopo undici ore di attività e quasi 300 km di vita la mia bella Beta è arrivata a fare il tagliando. E' venuto il meccanico col furgone a prenderla martedì, giovedì mattina sono andato con Luvi per parlare col meccanico per le messe a punto finali.

Il mecca mi dice che è tutto a posto: ha strinto i raggi, serrato le bullonerie, rabboccato l'olio, ingrasato e teso la catena. Chiedo le ultime cose: paramani seri, regolazione ammortizzare posteriore (ammorbidito), regolate la leva del cambio ed il freno posteriore per i nuovi stivali. Chiedo anche una protezione per la pompa del freno, mi dicono che faranno il possibile.

Oggi pomeriggio (venerdì) arriva il furgone dell'officina, scarico la moto: perfetta! Ha i paramani bianchi, stretti come l'impugnatura di una sciabola. Bene, eccoci ai dolori: "Quanto le devo?"
"Sono 50 euro"
Sono svenuto

Dimenticavo, non hanno montato la protezione della pompa del freno ma mi hanno detto che cercheranno una mascherina da montarci al più presto.

4 aprile 

Stamani c’è il sole, non fa neppure freddo, quasi quasi collaudo i pantaloni della UFO che mi ha regalato Luisa assieme alle ginocchiere snodate. In men che non si dica mi sono bardato e sono schizzato via. Fatti i miei 5 chilometri d’asfalto inizio a salire nel bosco, il terreno è asciutto ma non troppo: fantastica l’aderenza delle gomme. La Beta sugli acquai salta che è una bellezza, la strada è ampia e riesco persino a tirare una terza col motore che suona a meraviglia. Arrivo ad un incrocio, sto per salire ma intravedo in alto un gruppo di persone a piedi, per non infastidirli decido di cambiare strada. 

Che meraviglia, la luce filtra tra i rami dai quali spuntano le prime tenere foglie. Paso una casa, poi un’altra e dopo un’altra ancora, tutte in pietra, diroccate. La strada stringe, diviene un sentiero stretto avvolto di ginestre. Guido un po’ alla cieca sperando di non trovarmi faccia a faccia con un ciclista, finalmente il sentiero sbuca su di un’ampia curva di una strada che sale. Guardo alcuni particolari per poter ripercorrere poi il sentiero a ritroso e via su per la nuova strada. Adesso sale con ampi tornanti e ripidi tratti dritti, sono passati i boscaioli ed hanno pulito il bosco abbattendo molti alberi, la vista su Pistoia è mozzafiato ma guardando bene i colli vicini si intravedono i sentieri fra gli alberi, queste colline sono un vero labirinto. 

Percorro un tratto piuttosto veloce per poi trovarmi in una discesa molto sconnessa, con un profondo canalone; dietro una curva intravedo del rosso, cosa sarà? Ho le traveggole, sembra une dune buggy! Invece è un’auto da cross con fuori un’ometto sulla sessantina armato di macchina fotografica. Mi fermo ed educatamente dico “Buongiorno”. Lui contraccambia e ci mettiamo a parlare della meravigliosa giornata, della bellezza di questi boschi, della sua auto (a casa ha una Montesa cappra va 248cc, anni ’70), della mia moto. Ci salutiamo ed io proseguo discendendo la strada e chiedendomi come diavolo ha fatto ad arrivare fin lì con quel buffo trabiccolo. Trovo un sentiero e proseguo in direzione ovest, costeggiando il crinale; ad un tratto il sentiero stringe e diventa molto sassoso, troppo sassoso. Un masso piuttosto grande crea uno scalino di 70 cm, in discesa, impossibile da scendere senza rischiare l’osso del collo, anche perché subito dopo ce n’è un altro e non abbastanza spazio per fermarsi. Lo faccio a mano, scendo e sudando un po’ riesco a scendere i due scalini tenendo la moto al mio fianco. Salgo su di nuovo, ora c’è una forte discesa, è pieno di grossi sassi contornati da piccoli, non c’è tempo per reagire si va a naso. 

Purtroppo, in un grande ammasso di rocce, ho preso un colpo al telaio, dalla parte della pedana di sinistra, il tubo che passa sotto al motore risulta un po’ schiacciato. Dovrò mettere una piastra d’acciaio sotto, come fanno sulle moto da trial. Però che emozione quella discesa! 

Arrivo su una strada di terra battuta, è ampia e pulita, si corre bene mentre discendo; penso sia arrivato il momento di girare la moto e ritornare indietro, lo faccio e m’inerpico su per una bella salita ma arrivato in cima, in mezzo ad un prato, mi trovo in mezzo a cinque cacciatori. Mi fermo mentre uno viene verso di me piuttosto seccato. “Cosa diavolo ci fa lei qui? Giel’ho detto anche domenica scorsa che qui non può venire con la moto, che questa è riserva di caccia!”. Cerco di fargli capire che non ho visto cartelli di divieto ma nessuno di loro ci crede ed incalzano sul chiamare la forestale. All’ora m’arrabbio anch’io e dico che conosco perfettamente la legge e che se non ci sono cartelli loro sono liberi di cacciare come io di andare in moto. Ancora minacce di multe e sequestri di moto, finchè non dico loro: “uno di voi viene su con me ed io ripercorro la strada all’indietro, vi do 100 euro per ogni cartello di divieto che incontriamo”. Si calmano, capisco che non ce l’hanno con me ma col fuoristradista tipo che inquina e gli fa scappare la selvaggina. No comment. Mi dicono comunque che devo uscire dalla riserva e un po’ scocciato me ne scendo a valle per sbucare a Montale, paese a 15 km da Pistoia, strada che mi godo i relax.

24 aprile 

Ho appena saputo che hanno pubblicato su Fuoristrada una mia lettera sulla Beta. Non me l'aspettavo.

Sono appena rientrato da un bel giretto in fuoristrada dove ho collaudato l'abbigliamento UFO: pantaloni, ginocchiere snodate, giubbottino di rete con protezioni e maglietta traforata. Sono partito con una pioggia stanca, primaverile, quasi asciutta per il caldo, arrivato nel mio solito posto mi sono accorto che lì era piovuto di più, il percorso una specie di saponata di fango su terra asciutta.

La Beta si comporta egregiamente, pur sguillando si mantiene in traiettoria e mi permette rapidi cambi di direzione. Salgo su e su ancora, finchè la terra non lascia il posto alle pietre ed io non inizio a ballare. Cambio due, tre strade, scegliendo a caso la direzione in ogni incrocio che incontro. Il fondo, all'interno di una macchia di carpini, è reso scivoloso da una coltre di foglie appena cadute (il carpino perde le foglie secche non appena apre i nuovi germogli) rendendo surreale la vista: autunno in terra, primavera germogliante in alto.

Mi fermo sulla cima, non appena arrivo sulla Pistoia/Riola, mi giro e godo della meraviglia: il bosco si risveglia, vedo macchie fiorite di ciliegi selvatici, prugnoli, biancospini, il verde pallido dei carpini, dei faggi e degli aceri che timidamente schiudono le foglie al sole.

Mi butto giù, seconda, in piedi, col motore che scoppietta per la decelerazione. Entro di nuovo nel bosco, per perdermi nel suo ventre tiepido. Piove, mi fermo per indossare un giubbottino impermeabile tipo Kway e via di nuovo, col fango che schizza dappertutto.

Mi ritrovo su un percorso che conosco, lo percorro costeggiando un muro in pietra che sta crollando per poi discendere una specie di stretto ruscello su rocce. Sto sudando come una ragazzo alla sua prima esperienza sessuale, sotto una pioggia intermittente. Arrivo sul fondo, passo davanti ad un imponente cancello sorretto da due colonne di pietra, svolto, percorro poche centinaia di metri e trovo un nuovo percorso che sale, mi ci tuffo seguendo impronte tassellate. Paesaggio completamente diverso, colli puliti, scarpate scoscese e canaloni fra i colli, con poche macchie boschive. La strada è stretta e fangosa, adesso diluvia, percorro neppure due chilometri che si scatena il diluvio universale. Scappo a valle percorrendo altri cinque o sei km di sterrato ampio e pulito. Passo davanti ad un cascinale con una catena, con un evidente passaggio laterale. Poi attraverso un vivaio con serre e filari di piante per poi saltare fuori alla chiesa di Santomato, a pochi km da casa, dove naturalmente non piove più.

Devo dire che le protezioni UFO sono ben fatte, aderiscono perfettamente e sono estremamente leggere, consentendo movimenti inusuali e repentini. Devo dire che nei passaggi più difficili avevo l'impressione di essere in pantaloncini e maglietta. Fantastico. Un'ultima cosa, gli stivali adesso sono impermeabili, dopo averli ritirati, puliti e restituiti ingrassati a cura della Oxtar. funzionano alla grande.

 

Tre amici nella polvere. 16 agosto

Ieri ci siamo trovati con Giampa da Macello, sui colli di Castel San Pietro Terme; furgone, moto e famiglie appresso, un'improvvisata. Ci siamo cambiati ed alle 10 circa ci siamo messi in moto con le Beta quasi gemelle e la GaGas di Giampa. Abbiamo percorso strade calanchiche per colli ed altopiani, accompagnati ogni tanto dal volo di una Poiana. Alcune strade bianche, sentieri agricoli e sterrati: una libidine. Siamo arrivati al passo della Raticosa e , belli infangati, ci siamo scolati un bel succo di frutta ed un caffè. Dopo poco ci ha raggiunti Luvi che, per impegni canini, è partita più tardi. Rientro folle su per un sentiero che costeggia una recinzione di filo spinato. Buche, sassi, pietre, dossi, una sudata pazzesca rassicurata dalle impronte artigliate presenti sulla terra, segno di un precedente passaggio. Incredibilmente siamo arrivati alla fine per trovare uno sterrato nuovo di pacca che scende e sale, attraversa un bosco e ci pone davanti ad una ripida pietraia che risaliamo non senza timore (eccetto Giampa, ma si sa lui è pazzo duro ;-)). Neanche un chilometro di asfalto e ci buttiamo a capofitto giù per un sentiero, arrivati a valle percorriamo un'ampia strada inghiaiata che costeggia alcune fattorie dove pascolano cavalli e mucche. Attraversiamo una strada e attraverso strade poderali arriviamo fino davanti a casa di Antonio. Cento chilometri fatti! di cui almeno 80 in fuoristrada. Complimenti a Macello per la sua guida, dice che non sa e poi supera passaggi trialistici come bersi un bicchier d'acqua. 

Domenica fangosa 10 ottobre

Alle 13.30 sono schizzato in soffitta a cambiarmi, dieci minuti dopo ero sulla Beta diretto verso i colli pistoiesi.

Pioviggina, la gomma posteriore sguilla sull'asfalto, vado piano, nessuno mi segue. Percorro deserte strade di periferia dove se m'impegno sento rumore di stoviglie in sottofondo, odore di lasagne, di arrosti: profumi di domenica.

Salgo su fino alla chiesa di S. Quirico ed inizio lo sterrato. La pioggia rende tutto scivoloso, non riesco a cpire se la gomma poseriore è troppo gonfia, nel dubbio meglio andare piano.

M'infilo nel bosco, a tratti buio per le nuvole e le chiome degli alberi ingiallenti che ancora per poco copriranno il sole. Ci sono molti sassi e canaloni e fango, non è la giornata migliore per andare forte ma è l'ideale per godersi i colori dell'autunno.

Funghi! A decine, a centinaia, tutti bianchi o color sabbia: mazze di tamburo, amanite, prataioli. Il bosco è buio, gotico, medioevale, una sottile nebbia lo rende ancora più affascinate, incantato. Mi aspetto di vedere, da un momento all'altro, un bianco unicorno portare a passeggio una fata accompagnata da una fanfara danzante di elfi e folletti. Invece mi ritrovo davanti un bracco con una campanella al collo e dietro due cacciatori vestiti di giallo canarino. In terra una quantità oscena di cartucce color blù cobalto, arancio fluorescente e rosso, l'unico segno di in-civiltà che ho trovato nei boschi.

Mi allontano mentre la pioggia inizia a farsi battente ed a entrare ovunque, sopratutto dentro agli stivali. Cerco di tornare verso il basso ed invece mi ritrovo sull'asfalto, in alto, un po' troppo lontano per rientrare via strada normale. Giro la moto e mi fiondo verso valle sperando d'imboccare la strada giusta nonostante gli occhiali appannati, la nebbia e la pioggia che aumenta. Finalmente trovo il sentiero giusto e senza troppa fretta scendo fino alla lingua d'asfalto che mi riporterà a casa. Bagnato fradicio da strizzare nonostante indossi una giacca e sopra un k-way, però felice di aver incontrato un autunno sincero aggirarsi nei boschi Pistoia.

 

Fango, sassi e boccate. 18 ottobre

Ieri mattina al risveglio ho scoperto il sole, questa misteriosa palla infuocata che mancava, sopra le nostre teste, da diversi giorni. Decido di fare un piccola uscita in previsione del prossimo fine settimana fangoso.

Me ne vado su per i soliti sentieri, le piogge incessanti hanno reso tutto viscido e non è facile tenere su la moto su bei sassoni infangati. Percorro il percorso fatto l'ultima volta con Macello, Jor e Giampa, fino ad arrivare ad un enorme cancellata che cela una bella villa diroccata. Invece di proseguire come al solito salendo sulla Felciana improvviso prendendo una deviazione in salita. La moto scivola ovunque e non è facile arrampicarsi con tutto questo fango.

Arrivo in un punto impossibile da superare, la pendenza eccessiva e le dimensioni ridotte del sentiero mi obbligano a girare la Beta e tornare sui miei passi. Poco dopo però noto con la coda dell'occhio un sentiero che s'arrampica sulla mia destra, ci sono legni conficcati nel terreno per facilitare l'aderenza dei cingolati usati dai boscaioli. Mi giro ed inizio a salire. Dopo una prima pettata con una curva mi si apre davanti un sentiero scavato dalle piogge, irto e fangoso.

Continuo a salire maledicendomi per essermi infilato in un casino. La moto scoda e scivola e sudo non poco per impedirle di scivolare, accelero per cercare di non fermarmi e cadere all'indietro. Prendo velocità ma il fango se ne accorge e fa scivolare tutta la moto di traverso, finché non mi cade addosso sul crinale. Spengo il motore, cercando di non scivolare a valle. Sono incastrato sotto la moto, la gamba destra è schiacciata contro la marmitta.

Riesco a puntellare la gamba sinistra e lentamente ad alzare la moto cercando di liberarmi. Mi ci vogliono dieci minuti ma alla fine mi rialzo e riesco a ripartire. Arrivo fino sulla cima dove mi salta all'occhio un cartello che indica il percorso della maratona fuoristrada organizzata dal Club Valdibure. Non sento suoni di motori, penso che alle 12.30 sia già finita. Seguo il cartello, giusto per vedere dove porta.

M'infilo dentro al bosco e percorro un tratto che avrebbe fatto impallidire la famosa discesa all'inferno fatta con Scal, Biros e Pablito. Forza e coraggio, piano piano percorro tutto il sentiero accidentato fino ad entrare in un canalone pieno di sassi e rocce scivolose, con molti dislivelli. Un sasso alla volta, gambe a terra, zero all'ora di velocità riesco, non so come, ad arrivare in fondo, sudato con la lingua di fuori. Finalmente il sentiero si apre e riesco ad arrivare ad un tratto più aperto dove trovo un bivio: a sinistra uno stradone largo sale in alto, a sinistra un sentiero sembra discendere fino alla civiltà.

Guardo in alto e mi dico "ma sì!" apro il gas ed inizio a salire. Subito capisco che la situazione e meno semplice di quel che sembrava, la strada composta per lo più da ciottoli rotondi ben infangati è difficilissima. Penso che sarebbe meglio fermarsi e sgonfiare la ruota posteriore ma non oso e proseguo scodando ed imprecando per riuscire a mantenere la moto dritta. Incontro un signore che scende su un KTM di qualche anno fa, si è fatto male ad una caviglia e sta tornando giù, mi dice che c'è ancora un km e mezzo per arrivare alla cima. Proseguo non senza fatica, la gomma posteriore non attacca neanche a piangere in cinese.

Quel che fa rabbia è che la strada è bella larga e invoglia a salire mentre il fondo ciottoloso la rende davvero difficile. Arrivo a poche centinaia di metri dalla cima e nel tentativo di aumentare la presa mi spingo sul bordo strada, finalmente riesco a prendere un po' di velocità ma la ruota anteriore mi tradisce scivolando di lato ed io con lei. Grande boccata a sinistra con moto addosso (e 2!). Spengo il motore, prendo fiato e mi rialzo. Provo a salire di nuovo ma non c'è verso, la ruota non riesce a far presa. Mi giro proprio mentre arriva un ragazzo su un'Honda 250 2T, anche lui impreca e si lamenta perché gli avevano detto che sarebbe stato un percorso semplice; mentre parlavamo un distinto signore su KTM 450 ci supera impassibile salendo e sculettando.

Scendo a valle, proseguo dritto all'incrocio per spuntare a Fognano, una frazione di Montale, paese a 8 km da Pistoia. Arrivo a casa infangato, sudato, con un polso dolorante ed il morale basso. La prossima volta andrà meglio, per fortuna le cadute non hanno prodotto serie conseguenze se non qualche dolore qua e là.

 

16 Gennaio 2005 un anno di Beta: una uscita nel freddo - bilancio

Questa mattina sono uscito con la Beta dopo quasi due mesi di inattività. Non la utilizzavo dall’incontro nelle Valli Orobiche, a novembre, con Antonio, Giampa, Fable ed Harneck. Non ho scritto il report, lo farò presto. Alle 11, con un cielo sereno ed un’aria frizzante dal freddo, ho tirato fuori dal garage la mia piccolina per festeggiare un anno assieme (1.700 km circa). Sono fuori allenamento dopo due mesi di inattività, decido di optare per un percorso semplice, conosciuto, non troppo impegnativo. Salgo a San Quirico e scavalco la collina su per sentieri luminosi per l’assenza di foglie. Il terreno è perfetto, dove non è congelato è soffice e tenace, permette alle gomme artigliate un’eccellente presa. Per evitare alcuni cacciatori in battuta al cinghiale, prendo una deviazione che mi porta verso il basso, costeggiando un crinale vedo una vecchia auto semidistrutta in mezzo al bosco, non l’avevo mai notata ed incuriosito decido di andare a vedere. Mi trovo a scendere un tratto fortemente scosceso, il terreno è smosso e sassoso. Scendo piano, in piedi, sfiorando appena entrambi i freni, sfruttando il motore. Si tratta di una vecchissima familiare, forse una Innocenti o una Fiat, chissà come c’è arrivata, è piuttosto malconcia. Decido di continuare in discesa e dopo una curva ed una scesa ancor più ripida mi ritrovo su un piccolo prato pianeggiante ma senza via d’uscita. Una frana ha interrotto l’unico sentiero che scendeva verso il basso, non mi resta che tentare di risalire da dove sono arrivato. Vista da sotto la salita fa una certa impressione. Non so se prenderla in velocità oppure se tentare di arrampicarmi piano, con costanza. Opto per la seconda ipotesi, la più sicura, male che vada scendo e spingo. Con poca rincorsa, in piedi , affronto la salita, il corpo a bilanciare il peso per favorire ora l’aderenza del posteriore ora la traiettoria dell’avantreno. Lasciandomi stupito la Beta sale senza la minima incertezza, la gomma prende bene e non slitta, mano ferma e gas costante evitano brutte sorprese. Lei va su, il sole alle spalle, il sentiero ben illuminato e visibile. Sale agile e pronta, portandomi fin sulla cima, regalandomi una forte emozione. Proseguo il percorso continuando a salire, in basso ci sono i cacciatori e non voglio correre rischi inutili. Arrivo alla fine di un percorso, mi trovo sull’asfalto della Pistoia Riola, una bella strada panoramica di montagna. Scendo per alcuni chilometri per prendere un ampio sterrato che sale verso Baggio e Collina (niente a che vedere col calcio, sono due località di Pistoia). Qui trovo grandi pozze gelate che scrocchiano al passaggio, una decina di ciclisti in Mountain Bike restano ammutoliti guardandomi passare. Salgo ancora, stavolta trovo un letto di foglie, soffice e pericoloso per le asperità che può nascondere si rivela invece pulito e regala un fruscio musicale al passaggio delle ruote. Arrivo sulla cima, schivando ginestre e tronchi di alberi caduti per scoprire ancora una volta che una frana chiude il passaggio. Poco male, giro e scendo a valle da dove sono salito. Il piacere delle foglie in salita svela un altro aspetto in discesa, la loro scivolosità. Sfioro appena il freno posteriore, quello anteriore lo dimentico, per sentire che tutto il retrotreno, pur avendo la ruota che continua a girare, scivola per conto suo, per fortuna in modo appena percettibile. Vinta la paura iniziale diventa persino divertente. Raggiungo la strada principale e da lì ritorno sulla Pistoia Riola per scendere a valle e rientrare verso casa dopo circa 35 chilometri.

Bilancio

Dopo una anno di utilizzo ecco le mie personali considerazioni sulla Beta Alp 4.0

Rapporto qualità prezzo: eccellente, vi offre bellissime emozioni al prezzo di uno scooterone.

Finiture: sicuramente migliorabili ma direi nella norma. Dopo una anno appare evidente il consumo della vernice sulle parti argentate in plastica del serbatoio, dove sfregano le ginocchia. Gli adesivi sul forcellone se ne sono andati dopo quindici venti giorni.

Motore: che siate tranquilli o smanettoni  vi divertirà. E’ sincero, ha un tiro niente male, non tradisce, consuma niente, è un po’ rumoroso ma non più di tanto. Ottima erogazione.

Ammortizzatori: per una moto da alpinismo sono buoni, un po’ meno se decidete di andare veloci. Intendiamoci sono studiati per motoalpinismo e se non strafate sono più che sufficienti. Io ho regolato quello posteriore ammorbidendolo appena (si abbassa il retrotreno, migliora l’aderenza in salita) mentre ho messo un olio più viscoso nelle forcelle anteriori.

Maneggevolezza: eccellente, accusa soltanto un po’ il suo peso se decidete di cimentarvi nell’enduro duro, quello dove si spinge, si solleva, si tira a mano. Per fare motoalpinismo ed enduro anche al limite del trial è ottima. Ho migliorato la guida alzando il manubrio con spessori e la sicurezza montando un paramotore in alluminio. Non è impossibile riuscire ad andare dove vanno anche moto più leggere, ma non tutti riusciranno ad andare dove questa piccola moto riesce ad arrampicarsi.

Pregi: prezzo, consumi, manutenzioni ridotte, maneggevolezza, originalità

Difetti: ammortizzatori un po’ deboli (ma solo per chi fa enduro veloce), qualche chilo di troppo (dieci chili in meno si sarebbero apprezzati). Questi sono risibili perché relativi all’uso che se ne fa. L’unico serio difetto è l’accensione: quando si gira la chiave per mettere in moto si accendono i fari. Se la moto è ferma da un paio di settimane si può facilmente scaricare la batteria senza riuscire a farla partire. Ho intenzione di farle montare un piccolo interruttore per accendere e spengere il faro.

Conclusioni: Pienamente soddisfatto dell’acquisto. Dopo un anno felicemente passato con lei e tante belle avventure piene di bei ricordi ed emozioni sto maturando il desiderio di passare a qualcosa di superiore. Non che la disprezzi, anzi, solo che dopo un anno è riaffiorata tutta la passione per il fuoristrada che avevo da ragazzo, ho capito quali sono i miei limiti, qual è la mia andatura. Con la Beta Alp accuso un po’ gli ammortizzatori, però trovo assurdo investire per modificarla cambiandole le forcelle ed il posteriore. Sto pensando alla nuova Beta 400 enduro, motore KTM il cui prezzo però fa impallidire, 8.600 Euro. Forse resterà solo un sogno, intanto mi diverto con la mia piccola Alp 4.0 .

 

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